Dall'Irpinia progetto sull'autismo

AVELLINO. Un vento nuovo rinfresca l'Irpinia, è un vento di speranza per centinaia di famiglie che da anni aspettano una risposta concreta ai problemi dei propri cari con sindrome autistica. Tutto nasce dal progetto messo a punto da un uomo, Emilio Fina, primario di Psichiatria e direttore del dipartimento di Psichiatria della Asl di Avellino. E lui, uomo abituato ai fatti più che alle chiacchiere, ci tiene a precisare che tutto è partito dalla decisione del direttore generale dell'Asl, Sergio Florio, che ha ritenuto di conferirgli questo mandato. Dottor Fina, quali sono i punti cardine del progetto? «La struttura principale è quella del servizio di neuropsichiatria dell'adolescenza, una delle strutture complesse che afferiscono al dipartimento di Psichiatria del primario Camillo Vittozzi». È al pubblico che spetta la diagnosi? «Non solo, anche la pianificazione del progetto terapeutico». L'idea che esista un progetto terapeutico è molto rassicurante. «Devo dire di sì. Per le famiglie di persone con autismo la possibilità di individuare un percorso è fondamentale, e l'esistenza di un progetto terapeutico è importante anche per la semplice idea di non essere lasciati soli nel corso degli anni». Come si articola questo percorso? «Il progetto è composto da diverse fasi. Il primo passo è nell'età prescolare, con assistenza a domicilio attraverso le tecniche dell'Analisi applicata del comportamento (Aba) , dunque attraverso la formazione dei familiari». Molti problemi nascono però con l'approccio alla scuola, no? «Sì, e proprio per questo per la fase di scolarizzazione abbiamo predisposto un protocollo di intesa con il Provveditorato che è parte integrata della rete. In altri termini è un co- protagonista della rete per consentire che gli operatori che saranno formati possano essere in grado di offrire una continuità anche in età scolare». E dunque si inizia ad vedere l'elemento della continuità. «Come dicevo la continuità assistenziale è un punto imprescindibile del nostro progetto». Lei ha parlato di «rete», può dirci qualcosa in più? «L'aspetto residenziale e semiresidenziale dell'assistenza non poteva non tenere conto delle realtà che hanno cercato in questi anni di occuparsi del problema. Ecco perché tutte queste realtà, che spesso sono associative, sono state inserite nella rete. Per essere più chiari le strutture che potranno chiedere di accedervi sono quella di Ariano Irpino, gestita da un ordine religioso, l'Aias di Cicciano e il Centro di Valle con l'Aipa». Molto interessante è anche quello che è stato definito progetto «dopo di noi», in cosa consiste? «Si tratta di un progetto che fa capo ad associazioni familiari che si sono rese disponibili ad investire in soluzioni abitative autonome, per gli anni a venire. L'idea è quella di cercare una risposta alla domanda che si pongono i genitori di questi ragazzi: cosa sarà di nostro figlio quando noi non ci saremo più?». Si punta dunque all'autonomia dell'individuo. «L'abilitazione, che è cosa diversa dalla ri-abilitazione, è la filosofia portante della mission offertami con questo mandato dipartimentale. E ciò che mi prefiggo in ambito psichiatrico, lo sarà ancor più con la neuropsichiatra Infantile e dell'Adolescenza». Dunque, siamo davanti ad un punto di svolta? «Direi proprio di sì, abbiamo messo in piedi un progetto chiaro con chiari punti di riferimento». Che tempi serviranno? «Siamo pronti a partire con il primo step, la formazione del personale, ci sono diversi passaggi e tante difficoltà, ma nulla che potrà piegare la nostra determinazione. Direi che siamo davanti ad una svolta, ma anche davanti ad una vittoria dell'Irpinia e del territorio. Ed è importante perché questo successo migliorerà, e di molto, la vita di centinaia di persone».

di Raffaele Nespoli

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