La regina dei cani sente «diverso» e sa comunicare

“Sentirsi” diverso è un conto, “sentire” diverso è una sindrome. Di Asperger, ad essere precisi, un fenomeno che, nonostante le ricerche continuino, colpisce una persona su cinquanta, senza possibilità di diagnosi precoce. Luisa di Biagio “sente” diverso da 38 anni e ci regala con “Una vita da regina … dei cani: memorie e riflessioni di una persona Asperger” (edizioni Erickson, 301 pagine, euro 16) quello che potremmo definire un dizionario, una guida, per capire e comprendere quale linguaggio si può utilizzare e si deve adottare per entrare in contatto con chi soffre di questa sindrome. Al centro del saggio una persona che è “obbligata” a ricordare e catalogare tutto, secondo un preciso ordine, sconvolta da ansie e crisi di panico da attutire con rituali da consolidare, una persona che, “più evoluta” rispetto ad altre, si trova a disagio all’interno di una realtà sociale che non le assomiglia. Lei il modo di comunicare con l’esterno lo ha imparato attraverso i cani, da qui il titolo del libro. Addestratrice Enci (ente nazionale della cinofilia italiana) come tecnico abilitato all’addestramento dei cani da Pet - Therapy, psicologa e counselor esperta in Aaa/aat (attività e terapie assistite dagli animali) e in consulenza e educazione sessuale, Di Biagio è investita “regina dei cani” da sua figlia: «Quando mia figlia aveva circa cinque anni - racconta l’autrice nel libro - mi chiamava “Regina dei cani”. Mi vedeva comunicare con loro con una facilità inusuale e vedeva che i cani capivano e facevano quello che dicevo. I cani mi hanno sempre permesso di avvicinarmi alle persone, sono stati l’estensione del mio corpo e della mia mente. Cosa è un sovrano se non è riconosciuto come tale?». Attraverso i 25 capitoli che sono la vera e propria spina dorsale del saggio, intervallati da poesie e da un racconto finale dove una madre confessa i suoi timori e le sue incertezze nei confronti del figlio Asperger, l’autrice prende in considerazione i nodi critici di chi soffre di questa sindrome. Tra le pagine del saggio l’infanzia, quando l’autrice era una bambina sola e incompresa, il confronto con i genitori a volte in grado e altre volte sprovvisti di strumenti per comprende e accogliere un figlio così diverso dagli altri, i fattori di ansia e panico che possono essere generati da piccoli scarti all’interno della routine quotidiana, il bullismo e il mobbing. «Dover introdurre sostanze - spiega l’autrice, parlando del cibo - nel corpo attraverso il passaggio da canali sensoriali sovraeccitabili è un’impresa già abbastanza complessa, per cui se l’esperienza fosse ridotta per intensità sarebbe più semplice». In altri capitoli la penna dell’autrice si fa più cruda, senza nascondersi: in quelle pagine, dove si parla della sessualità, di Dio e la religione, del denaro, c’è un fiume in piena che le parole riescono in parte ad arginare. Alla fine del libro rimane l’amaro in bocca, ma si apprezza la forza di volontà di una donna che ha deciso di non piegarsi al caso. «Io - dice la Di Biagio - ho avuto la fortuna immensa di essere agganciata ad un interesse che è diventato il mio lavoro, mi ha permesso di inserirmi e mi ha persino fornito gli strumenti e le occasioni per comprendere alcuni dei basilari meccanismi sociali umani. Sono sempre stata interessata ai cani, al loro mondo, che percepivo simile, interessante e affascinante, e questo osservare, questo leggere, questo studiare, questo essere stimolata a comunicare con loro mi ha spinta inconsapevolmente a comprendere meglio anche alcune dinamiche umane. Non tutte le persone come me hanno la stessa opportunità. Il mio sogno è che, anche per loro, un domani, possa esserci un ruolo nel mondo a prescindere dall’effettiva “utilità” della loro competenza».

di Nicola Morandi

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