Nicolò, diciottenne autistico, legato al letto in ospedale - L'Arena

CAPRINO. Nicolò ha diciotto anni e vive metà della giornata legato al suo letto nel reparto di psichiatria a Caprino. «Suo» perchè ormai è ricoverato lì da tre settimane e, prima dell'estate, c'è rimasto per otto mesi. Nicolò è un ragazzo autistico la cui storia non è quella di tanti come lui che, inseriti in specifiche strutture terapeutiche, svolgono attività occupazionali secondo un progetto clinico-assistenziale personalizzato. Ragazzi che, seppur disabili, non hanno bisogno di corde. La storia di Nicolò, purtroppo, è quella di un autistico grave curato fino ad oggi nel modo «più scorretto», denuncia papà Stefano, «secondo un approccio basato fondamentalmente sul trattamento farmacologico che, nel suo caso, peggiora le condizioni generali di salute aumentando sensibilmente la sua aggressività». Lo confermano anche gli specialisti di neuropsiachiatria infantile dell'Azienda Ospedaliera di Verona: «Le alte dosi di farmaci», scrivevano ancora un anno fa, «non forniscono i risultati sperati e anzi possono incrementare gli effetti indesiderati». A giugno l'hanno ribadito: «La situazione di Nicolò è condizionata in senso negativo qualora non si preveda un progetto di inserimento occupazionale, auspichiamo pertanto l'appoggio in una struttura terapeutica o educativa dove poter reimpostare un ritmo di attività finalizzate all'occupazione e alla gratificazione sociale». Niente di tutto questo. L'Ulss 22 che ha in carico il «paziente», non procede in tal senso. «Perchè questo è mio figlio per la dirigenza ospedaliera: un paziente e per di più matto. Nicolò è un numero, un caso, un problema da risolvere a suon di tranquillanti, uno da tenere ricoverato in psichiatria qui a Caprino o a Isola della Scala, come ci continuano a proporre, legato di notte quando non c'è personale specializzato in grado di assisterlo e tenuto con le mani bloccate di giorno quando lo portiamo fuori a fare due passi», si sfoga Stefano. Le «manette» sono uno strumento di tutela che i genitori sono costretti ad accettare nel momento in cui Nicolò peggiora: è il ragazzo stesso ad indicare al padre di metterle sapendo che solo così può uscire dalla stanza dell'ospedale per sgranchire le gambe. «Mi porge i polsi», si commuove mamma Sara, «perchè sa che se gli leghiamo le mani, lo liberiamo dalle cinghie del letto: finchè siamo qui in ospedale, così è perchè non ci sono infermieri in grado di gestire i suoi attacchi d'ira frutto di anni e anni di terapia sbagliata. È provato: l'autismo, anche nelle forme più gravi, è migliorabile solo se affidato a mani esperte», conclude Sara, «ma così no: finchè avrò fiato, pretenderò rispetto e dignità per Nicolò». La soluzione è quella di una struttura specializzata nell'assitenza ai disabili con disturbi della personalità. La famiglia Panziera, supportata da alcuni specialisti della stessa Ulss 22, l'ha trovata ancora un anno e mezzo fa. C'è stato anche un incontro tra i medici di Caprino e quelli del centro diurno disponibile ad accoglierlo. Ma l'Ulss non dà il nulla osta. Motivo? Costa troppo. È scritto nero su bianco: «I servizi dell'area Handicap della 22 hanno individuato a Vicenza una struttura residenziale per adolescenti disabili disposta ad accogliere Nicolò ma non se n'è fatto nulla in quanto il direttore generale ha ritenuto troppo onerosa la spesa, 250 euro al giorno». Nicolò quando è in ambienti protetti, sta meglio. «Ha passato una bella estate a casa», conferma il papà, «siamo andati spesso a nuotare al lago, abbiamo fatto lunghe passeggiate, non ha avuto crisi violente come quelle che lo colpiscono quando è trattato con alte dosi di farmaco, come accade qui a Caprino. Ha rischiato pure di lasciarci le penne. Durante il lungo ricovero dal novembre 2011 al giugno 2012 è stato imbottito di un farmaco che l'ha mandato letteralmente in tilt non solo dal punto di vista dei comportamenti violenti e auto-lesionistici ma anche dei valori del sangue: è arrivato ad avere globuli da leucemia fulminante, roba da morirci sotto, per cui la somministrazione è stata immediatamente sospesa. Questo è solo un esempio del modo in cui mio figlio viene mal-assistito. Ma adesso basta». Ecco, quindi, la storia di autismo di Nicolò che doveva, fin dall'inizio, andare «bene» come tante altre e che invece è stata un continuo precipitare verso il peggio fino a quando, esasperati, i genitori si sono rivolti a un avvocato per tutelare i diritti del loro ragazzo: «Che almeno il finale possa essere dignitoso, per lui e per noi». E che le cinghie e le manette restino una vergogna mai più ripetibile.

di Camilla Ferro

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