Biologia dell'autismo, un puzzle ancora da completare

 Sullo stesso argomento. Sono ormai un centinaio i geni di cui è stato scoperto il coinvolgimento nel rischio di essere colpiti dai disturbi dello spettro autistico. Ma la genetica da sola non basta: un'analisi delle ricerche pubblicata su "Science" sottolinea che per arrivare a una piena comprensione della biologia della malattia occorre procedere con le indagini facendo tesoro degli enormi progressi compiuti negli ultimi anni con le analisi molecolari e neurofunzionali (red)

Una marcata incapacità di entrare in relazione con il mondo esterno e con gli altri:sono questi i tratti caratteristici dell’autismo, un disturbo che per la varietà delle sue manifestazioni viene più correttamente descritto come un insieme di sindromi definite come "disturbi dello spettro autistico" (ASD).

Un articolo apparso sulla rivista “Science”, firmato da Matthew W. State e Nenad Šestan del Dipartimento di psichiatria e neurobiologia della Facoltà di medicina della Yale University, traccia ora un quadro completo delle conoscenze biomediche sugli ASD, che negli ultimi anni hanno conosciuto un notevole sviluppo. I progressi sono avvenuti specialmente nel campo della genetica, con l’individuazione dei geni coinvolti nell’insorgenza dei disturbi, dei meccanismi genomici e di maturazione neurofisiologica nello sviluppo.

L'eziologia dei disturbi dello spettro autistico è multifattoriale: non contano solo i geni e le loro mutazioni, ma anche la cronologia della loro espressione durante lo sviluppo del sistema nervoso (© Images.com/Corbis)Negli ultimi anni, infatti, il numero di geni la cui mutazione si è rivelata è in grado di accrescere il rischio di disturbi autistici è costantemente aumentato, portando a una situazione in qualche modo paradossale: i singoli geni coinvolti sarebbero ormai un centinaio ma ciascuno di essi sarebbe responsabile di non più dell’1 per cento dei casi. Guardando al futuro, secondo State e Šestan , questo dovrebbe spingere ad abbandonare la tendenza a una dissezione puntuale delle mutazioni a carico di singoli geni per arrivare a una visione più globale dei problemi del genoma.

Inoltre, è emerso che le stesse mutazioni possono portare a disturbi diversi in soggetti differenti, con una sorprendente sovrapposizione di fattori di rischio tra autismo, epilessia, ritardo mentale e schizofrenia. Se da una parte si può beneficiare dunque dei progressi nello studio delle altre patologie, la connessione “una mutazione, molti disturbi” risulta particolarmente ardua da capire nel dettaglio. L’ulteriore complicazione è dovuta al fatto che essendo il linguaggio una peculiarità umana, lo sono anche i disturbi che lo riguardano. Di conseguenza, per i deficit della comunicazione che derviano da mutazioni genetiche non è possibile fare affidamento sullo studio di modelli animali.

A essere particolarmente esposte all'effetto dei geni mutati connessi all'autismo sono le reti corticalli che si sviluppano per prime nella fase fetale (© Sciepro/Science Photo Library/Corbis)Stabilito il coinvolgimento dei geni, il passo successivo consiste nel considerare la loro espressione. È stato osservato infatti che molti dei geni coinvolti nell'autismo mostrano caratteristici schemi di espressione nel sistema nervoso in fase di sviluppo. In particolare, i processi più precoci di differenziazione neurale e di formazione sinaptica, che si verificano nel periodo fetale, riguardano la corteccia prefrontale e quella temporale, che sovrintendono al controllo esecutivo, all’affettività e al linguaggio, tutte funzioni alterate nei disturbi dello spettro autistico.

Proprio queste differenze nella cronologia dello sviluppo possono aiutare a spiegare perché nell'autismo le reti neurali più vecchie siano particolarmente vulnerabili, mentre altri processi corticali, come la visione, siano meno colpiti. Nel periodo fetale, infatti, le sinapsi appena formate e funzionalmente immature sono più sensibili alla funzione perturbata dei geni ASD che si esprimono nello stesso arco di tempo.

In definitiva, l’integrazione di analisi a livello genetico, molecolare e neurofunzionale rappresenta un passo cruciale per guardare avanti e affrontare non solo le questioni ancora rimaste irrisolte (“Perché i maschi sono più colpiti?", "Perché alcuni soggetti mostrano maggiori capacità di recupero rispetto ad altri?", ecc.), ma anche la richiesta di nuovi ed efficaci trattamenti dei soggetti autistici.

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