L'autobiografia di un ragazzo autistico e lo “sdegno” di una mamma: "Solo false speranze"

Graziella, madre di Simone, se la prende con “La vita in diretta”, criticando la presentazione del libro di Federico De Rosa, autistico, andata in onda giorni fa: “E’ una speculazione economica. Si illudono le famiglie, l’autismo non è questo”

ROMA – “Come mamma di un ragazzo autistico di 18 anni, vorrei esprimere il mio dissenso sul servizio andato in onda il 6 novembre sulla vostra rete televisiva, avendolo trovato per nulla vicino alla realtà”. Mittente della lettera è Graziella Lanzetta, mamma di Simone e presidente dell’associazione “Il piccolo albero di qui”; destinataria, la redazione de “La vita in diretta” Il servizio incriminato è quello in cui è stato presentato il libro “Quello che non ho mai detto”, firmato da Federico de Rosa, un ragazzo autistico di 20 anni. Ospite in studio, lo stesso Federico, accompagnato dalla mamma e dal papà. Le telecamere della Vita in diretta erano già andati a incontrarli a casa loro, conoscendo lì anche il fratello e la sorella di Federico e catturando alcuni momenti in cui Federico sedeva davanti al computer e digitava alcuni tasti. “Ha scritto la sua autobiografia, digitandola sulla tastiera”, assicura la mamma. “Quando ha cominciato a scrivere – riferisce il papà – ha aperto una botola e ha voluto spiegare al mondo come funziona la sua mente, come funziona il suo autismo”. 

Più che un’autobiografia, il libro è un “resoconto di alto livello scientifico e culturale sull’autismo: impossibile che sia stato scritto da chi non abbia studiato molto questo tema”, commenta Graziella Lanzetta, spiegano a Redattore sociale le ragioni del suo dissenso. Un dissenso, spiega, “dato anche dal timore che tante famiglie, alle prese con il grande mondo dell'autismo, possano alimentare false speranze, dovute ad immagini illusionistiche. Non ho letto il libro – riferisce Graziella – ma sono bastate poche frasi citate in trasmissione per farmi sobbalzare: conosco bene l’autismo e ci vivo da tanti anni, so riconoscere i diversi livelli e posso dire tranquillamente che Federico ha un livello medio-alto di autismo:è in grado di rispondere correttamente alla domanda ‘come stai?’ solo al terzo tentativo. Invece, nelle pagine del libro c’è un livello culturale, scientifico e di elaborazione linguistica impossibile a chi non sia andato all’università! Mi sono indignata: perché deve arrivare questo, sull’autismo? Non si può far credere che, da un ragazzo autistico come Federico, o come Simone, possano uscire emozioni così importanti e pensieri così profondi. E’ vero che hanno un mondo ricchissimo dentro di loro, ma non è vero che possano esprimerlo così bene, solo con l’aiuto di un computer. Scommetto che dietro quel ragazzo e dietro quel libro c’è un facilitatore, ma in trasmissione si sono ben guardati dal dirlo. Siamo di fronte al business della comunicazione facilitata, rifiutata dalle ultime linee guida come non scientifica e non utile per questi ragazzi.

"Perché un servizio pubblico come la Rai dà ospitalità a ciò che la comunità scientifica non riconosce? Si rischia di confondere le idee alle famiglie, che invece dovrebbero attenersi a ciò che suggerisce la scienza, altrimenti si rischia di negare a questi ragazzi la possibilità di sviluppare quelle capacità e quelle facoltà che invece possiede. Un ragazzo autistico non è un ragazzo muto: non sarà un computer a risolvere la sua rottura interiore, il suo isolamento. Affermare il contrario significa ingannare le famiglie, illuderle quando hanno di fronte a loro un percorso difficile: quello dell’autismo vero, fatto di crisi epilettiche e di aggressività contro gli altri e contro se stessi, di disturbi del sonno e di tanti altri, grandi problemi. Dall’autismo non si guarisce, è questa la verità: autistici si nasce, autistici si muore, ma grazie alle terapie e ai percorsi scientificamente provati, si può migliorare molto la vita di questi ragazzi e delle loro famiglie. Ed è quello l’obiettivo a cui dobbiamo puntare”. (cl)

 

Condividi su Facebook