Pił mutazioni genetiche nei figli di padri anziani

Sono le mutazioni genetiche a fornire il meccanismo con il quale funziona l'evoluzione. Piccoli cambiamenti che vengono trasmessi alla progenie e si affermano per selezione. Ma dalla quantità di nuove mutazioni dipende anche il rischio di sviluppare malattie. Uno studio pubblicato su Nature indaga il legame tra l'età del padre al momento del concepimento e le mutazioni che si registrano nel genoma del figlio, con una scoperta interessante: più anziano è il padre maggiore è la frequenza di nuove mutazioni nel figlio.

Lo studio ha sequenziato l'intero genoma di 219 individui islandesi, padri, figli e in qualche caso nipoti, e preso in esame la frequenza delle mutazioni de novo registrata nei figli in relazione all'età del padre al concepimento. Quest'ultima risulta un fattore determinante per il numero di mutazioni nel bambino, una volta presi in considerazione anche altri fattori concorrenti. Qual è il problema? Altri studi epidemiologici in precedenza hanno messo in relazione età del padre al concepimento con il rischio di schizofrenia e autismo nel bambino, e altri studi ancora avevano collegato le mutazioni de novo con questi disturbi. I ricercatori hanno calcolato che ogni anno in più del padre corrisponde a circa due nuove mutazioni all'anno.

Dei 78 probandi esaminati, ovvero i figli, e in qualche caso i nipoti, nei quali si sono analizzate le mutazioni, 44 erano affetti da una qualche forma di autismo e 21 da schizofrenia. Anche l'età della madre, spesso non distante da quella del padre, è stata presa in considerazione, ma la conclusione cui sono giunti i ricercatori è che l'incremento delle mutazioni nella progenie si manifesti principalmente, se non esclusivamente, sul cromosoma ereditato dal padre. Secondo gli autori lo studio conferma quindi un legame di cui è importante tenere conto nella valutazione del rischio che si sviluppino questi disturbi.

di Marta Buonadonna

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