Dama, l’ospedale disability friendly che l’Italia ha portato all’Onu come best practice

Che succede quando una persona con una disabilità intellettiva si ammala? Quando non è in grado di comunicare adeguatamente i sintomi o di collaborare per sottoporsi ad esami? Sono 20 in Italia gli ospedali che offrono un percorso dedicato a queste persone, chiamato DAMA: la ministra Locatelli lo ha scelto come best practice da presentare oggi a New York nella 16a Conferenza annuale degli Stati parti alla Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità

In principio fu un esperimento, avviato nel 2000 all’Ospedale San Paolo di Milano: un reparto dedicato alla cura e all’accoglienza medica-ospedaliera delle persone con grave disabilità intellettiva e neuromotoria, persone per cui anche solo affrontare un prelievo o gestire il tempo in sala d’attesa non è una cosa banale. Oggi sono 20 gli ospedali d’Italia che hanno un percorso DAMA e un’équipe dedicata all’accoglienza delle persone con grave disabilità, con difficoltà di comunicazione o incapaci di collaborare ad esami clinici e strumentali: una rete nazionale che oggi la ministra per le Disabilità Alessandra Locatelli e Filippo Ghelma, dirigente medico dell’Asst Santi Paolo e Carlo di Milano e coordinatore della rete DAMA, presenteranno all’Onu, nel corso della 16ma Conferenza annuale degli Stati parti alla Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità (clicca qui per seguire la Conferenza).

La Conferenza si è aperta ieri a New York, al quartier generale delle Nazioni Unite. In Italia la Convenzione (CRPD) è legge dal 2009. La ministra Locatelli, nella seduta plenaria di ieri ha illustrato gli impegni dell’Italia in merito all’inclusione delle persone con disabilità e al nuovo frame che il Paese sta disegnando con la riforma sulla disabilità, che declina i principi cardine della Convenzione Onu. «Stiamo attuando tutti i principi della Convenzione attraverso norme, misure, riforme, coinvolgendo direttamente i diversi livelli istituzionali e in particolare il mondo delle associazioni e del Terzo settore», ha detto la ministra. «Ma quello che mi preme esprimere oggi è il grande impegno dell’Italia nel voler invertire l’ordine delle priorità politiche, mettendo al centro le persone e le famiglie e dimostrando che per rafforzare le nostre comunità è indispensabile investire sui talenti e sulle capacità di tutti: offrire e garantire occasioni e opportunità nella formazione e nel lavoro, nello sport, nella vita ricreativa e anche affettiva e relazionale. Il grande salto di qualità che siamo tenuti a fare, tutti, velocemente, è quello di sviluppare il progetto di vita per ogni persona con disabilità, per dare continuità, dignità e possibilità di scelta a ciascuna di esse».

Nell’ambito della Conferenza, l’Italia ha organizzato due eventi collaterali, promossi insieme ad altri Paesi. Il primo, co-sponsorizzato da Italia e Austria, porterà come best practice italiana il “modello DAMA”: l’evento intitolato "Ensuring accessibility and inclusion for persons with disabilities in health and support services. Italy's DAMA” può essere seguito online mercoledì 14 giugno, dalle 13.15 alle 14.30, con interpretariato inglese, italiano e spagnolo. Il secondo evento, dal titolo “Living Independently. The Network Model for persons with autism in adulthood” è realizzato in collaborazione Argentina e Cuba: Roberto Keller, direttore del Centro Regionale Disturbi spettro autistico in età adulta dell’Asl Città di Torino, presenterà il modello di rete italiano per la presa in carico delle persone nello spettro dell’autismo in età adulta, mentre i promotori del “Progetto Filippide” racconteranno le iniziative su sport e autismo realizzate in alcuni Paesi centroamericani grazie al finanziamento della cooperazione allo sviluppo. «Mi aspetto che l’Italia diventi sempre più protagonista in campo internazionale sui temi della disabilità», dice la ministra Locatelli, «certamente nel nostro Paese dobbiamo migliorare norme e attualizzare leggi, ma il modello della coprogrammazione e della coprogettazione tra Istituzioni e Terzo settore ha dato vita a servizi, progetti e attività straordinarie che possono diventare un esempio di azione per molti altri Paesi».

Torniamo a DAMA quindi. L’acronimo sta per Disabled Advanced Medical Assistance ed è un modello organizzativo in grado di superare le difficoltà che le persone con disabilità hanno nell’affrontare l’ospedale, attraverso una presa in carico dei bisogni. Il DAMA utilizza competenze e risorse già presenti in un moderno ospedale, con una personalizzazione dell’intervento che tiene conto dei bisogni di ognuno: persona con disabilità, famigliari e caregivers, personale sanitario. Importantissimo l’apporto dei volontari, formati e spesso a loro volta genitori ådi persone con grave disabilità. Dal modello di accoglienza e di assistenza medica nato nel 2000 all’ospedale San Paolo di Milano sono state promosse negli anni altre esperienze affini, tra cui il Percorso Delfino – DAMA Mantova, DAMA Varese, DAMA Bologna, DAMA Empoli, DAMA Bolzano, DAMA Cosenza 1 e 2. Oggi i reparti DAMA sono 20, in altrettanti presidi ospedalieri (qui l’elenco completo). Erano 15 nel febbraio 2020, quando alla vigilia della pandemia da Milano partì il progetto di costituire una vera e propria rete ospedaliera DAMA nazionale, che metta in comune buone prassi e procedure. Con due sfide: raggiungere più ospedali da un lato ma anche passare dall’ospedale al territorio, creando percorsi di continuità socio-assistenziale strutturati in hub ospedalieri, presidi e servizi territoriali, includendo tutti gli ambiti che concorrono nel definire la qualità di vita di ogni persona, dal lavoro al tempo libero alla residenzialità.

Nel 2007 alcuni medici e professionisti del DAMA di Milano e alcune famiglie si sono uniti nella Fondazione Mantovani Castorina: insieme hanno deciso di impegnare le proprie competenze ed energie per generare un cambiamento culturale nel modo in cui la società affronta la disabilità.

di Sara De Carli

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