Il percorso a ostacoli dei genitori con minori autistici

«La diagnosi è migliorata ma i centri riabilitativi hanno poche risorse: chi può integra con i privati. Per le famiglie  invece nessun intervento» 

Treviso

Ricevere una diagnosi di autismo è come atterrare su un pianeta marziano. Ogni storia è a sé, ma molte si intrecciano con il dolore profondo delle famiglie e la difficoltà a destreggiarsi tra i mille rivoli della burocrazia. La diagnosi è una faticosa corsa contro il tempo che porta mamme e papà a confrontarsi con una pubblica amministrazione non sempre efficiente e reattiva. Ma sono tante le porte a cui bussare.


STRADA IN SALITA

Se sul piano della diagnosi precoce la medicina ha sviluppato sensibilità, e i pediatri hanno a disposizione delle check list per valutare i sintomi sospetti dei loro piccoli pazienti, restano diverse zone d’ombra e permane la sensazione che non sempre il sistema sia capace di comunicare in tutte le sue parti: l’autorità sanitaria, la scuola, i centri di riabilitazione e l’universo delle associazioni. «Manca completamente la presa in carico della famiglia del ragazzo autistico e la pubblica amministrazione – in costante affanno per risorse economiche e professionali – non riesce a dare una risposta a 360 gradi. Dunque chi può integra la riabilitazione di tasca propria, chi non può rischia di rimanere indietro». Così Mario Paganessi, padre di un giovane di 19 anni affetto da autismo e presidente della Fondazione Oltre il Labirinto onlus dipinge la situazione in cui si trovano genitori e servizi. Certo le cose sono migliorate rispetto a vent’anni fa, le conoscenze sono maggiori, ma nella dimensione cangiante dei disturbi dello spettro autistico (che colpisco oltre 1.500 giovani pazienti e altrettante famiglie trevigiane), ciò che rischia di aumentare è il divario tra chi ha gli strumenti culturali ed economici per affrontare la malattia e chi no. Dal momento del sospetto si intraprende un cammino lungo e faticoso.

PERCORSO COMPLESSO

Se ad accorgersi che qualcosa non va è la scuola servono usualmente un mese per realizzare la difficoltà dell’alunno, dell’altro tempo per sottoporlo a una serie di prove codificate per stilare una relazione. A quel punto la famiglia potrà rivolgersi al pediatra e ai Servizi dell’età evolutiva dell’Ulss per la presa in carico del servizio sanitario e la richiesta dell’insegnante di sostegno. Un meccanismo rigoroso, ma non celere. Ci si scontra poi con l’ostacolo della carenza di personale dei centri riabilitativi. Il Samarotto di Villorba, per esempio, fatica a tenere testa a tutte le richieste che arrivano dal territorio. «Pur essendo guidato da professionisti eccellenti non può erogare più di tanto, perché le risorse sono quelle che sono e la domanda è notevole», continua Paganessi, «si riescono a garantire coperture di qualche ora, ma un bimbo con autismo deve arrivare a fare anche 35 ore di riabilitazione a settimana, dunque se la famiglia può, integra privatamente». Per mantenere i risultati servono costanza e continuità. Le associazioni supportano come possono, la Regione rifonde una quota parte delle spese sostenute, ma bisogna anticiparle.

LE FAMIGLIE

Tutto da disegnare è invece il fronte della presa in carico della famiglia che presenta situazioni di fragilità dopo aver ricevuto la diagnosi di autismo. «Questa parte manca completamente ed è demandata alla sensibilità del neuropsichiatra o alla persona che prende in carico il soggetto», prosegue Paganessi, «c’è ancora molto da fare». È fatti come quello di Castello di Godego sono lì a interrogarci tutti. — Valentina Calzavara

Fonte: https://tribunatreviso.gelocal.it/treviso/cronaca/2021/02/24/news/il-percorso-a-ostacoli-dei-genitori-con-minori-autistici-1.39950305

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