Autismo: Facciamo chiarezza

“Le persone autistiche devono capire scientificamente ciò che le persone non autistiche capiscono con il solo istinto”.

Marc Segal

L’autismo è un disturbo del neurosviluppo che porta ad una connettività cerebrale atipica, che fa si che le persone autistiche abbiano una conoscenza dell’altro e del mondo assolutamente peculiare.
Ciò appare evidente nella ipersensibilità a certi stimoli sensoriali, nella ripetitività e specializzazione degli interessi, nella difficoltà a comprendere il livello della comunicazione simbolico. Le relazioni e la comunicazione appaiono fortemente penalizzate, anche quando la persona autistica utilizza pienamente il linguaggio verbale.

La etereogenità della sintomatologia e delle capacità di adattamento ha portato i clinici a parlare di “spettro autistico”: all’interno di esso trovano spazio disturbi lievi, che riguardano soggetti che hanno una vita scolastica, professionale e affettiva, e disturbi fortemente pervasivi, in cui la persona ha grandissime difficoltà a raggiungere anche solo le autonomie di base.

Appare dunque di fondamentale importanza, vista la diffusione dei disturbi dello spettro autistico (1 caso ogni 150), sensibilizzare e informare tutti coloro che si occupano di educazione, cura della persona, assistenza , sulle caratteristiche dell’autismo e sugli approcci più utili per migliorare la condizione di vita di chi ne è affetto e delle famiglie coinvolte. Il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali e psicopatologici (DSM V , 2013), che è il più utilizzato da medici, psichiatri e psicologi di tutto il mondo, nella sua ultima versione descrive cosi’ i disturbi dello spettro autistico, evidenziandone i sintomi “core”:

A) Deficit persistente nella comunicazione sociale e nell´interazione sociale in diversi contesti, non spiegabile attraverso un ritardo generalizzato dello sviluppo e manifestato da tutti e tre i seguenti punti:
Deficit nella reciprocità socio-emotiva che va da un approccio sociale anormale e insuccesso nella normale conversazione (botta e risposta) attraverso una ridotta condivisione di interessi, emozioni, percezione mentale e reazione fino alla totale mancanza di iniziativa nell´interazione sociale.
Deficit nei comportamenti comunicativi non verbali usati per l´interazione sociale, da una scarsa integrazione della comunicazione verbale e non verbale, attraverso anormalità nel contatto oculare e nel linguaggio del corpo, o deficit nella comprensione e nell´uso della comunicazione non verbale, fino alla totale mancanza di espressività facciale e gestualità..
Deficit nella creazione e mantenimento di relazioni appropriate al livello di sviluppo (non comprese quelle con i genitori e caregiver); che vanno da difficoltà nell’adattare il comportamento ai diversi contesti sociali attraverso difficoltà nella condivisione del gioco immaginativo e nel fare amicizie fino all’apparente assenza di interesse per le persone.

B) Pattern di comportamenti, interessi o attività ristretti e ripetitivi come manifestato da almeno due dei seguenti punti:
1. Linguaggio, movimenti o uso di oggetti stereotipati o ripetitivi, come semplici stereotipie motorie, ecolalia, uso ripetitivo di oggetti, o frasi idiosincratiche.
2. Eccessiva fedeltà alla routine, comportamenti verbali o non verbali riutilizzati o eccessiva riluttanza ai cambiamenti: rituali motori, insistenza nel fare la stessa strada o mangiare lo stesso cibo, domande incessanti o estremo stress a seguito di piccoli cambiamenti.
3. Interessi altamente ristretti e fissati, anormali in intensità o argomenti: forte attaccamento o interesse per oggetti insoliti, interessi eccessivamente persistenti o circostanziati. 
4. Iper o Ipo-reattività agli stimoli sensoriali o interessi insoliti verso aspetti sensoriali dell'ambiente: apparente indifferenza al caldo/freddo/dolore, risposta avversa a suoni o consistenze specifiche, eccessivo annusare o toccare gli oggetti, attrazione per luci o oggetti roteanti.
1.I sintomi devono essere presenti nella prima infanzia (ma possono non diventare completamente manifesti finché le esigenze sociali non oltrepassano il limite delle capacità).
2.L´insieme dei sintomi deve limitare e compromettere il funzionamento quotidiano.

I tre livelli di gravità identificati dal DSM V sono:

Livello 3: Richiede supporto molto sostanziale.
- Comunicazione sociale: i gravi deficit nella comunicazione sociale, verbale e non verbale, causano una grave difficoltà nel funzionamento; iniziativa molto limitata nell'interazione sociale e minima risposta all'iniziativa altrui.
- Interessi ristretti e comportamenti ripetitivi: preoccupazioni, rituali fissi e/o comportamenti ripetitivi che interferiscono marcatamente con il funzionamento in tutte le sfere. Stress marcato quando i rituali o le routine sono interrotti; è molto difficile distogliere il soggetto dal suo focus di interesse, e se ciò avviene egli ritorna rapidamente ad esso.

Livello 2: Richiede supporto sostanziale.
- Comunicazione sociale: Deficit marcati nella comunicazione sociale, verbale e non verbale, l´impedimento sociale appare evidente anche quando è presente supporto; iniziativa limitata nell'interazione sociale e ridotta o anormale risposta all'iniziativa degli altri.
- Interessi ristretti e comportamenti ripetitivi: preoccupazioni, rituali fissi e/o comportamenti ripetitivi appaiono abbastanza di frequente da essere evidenti per l'osservatore casuale e interferiscono con il funzionamento in diversi contesti. Stress o frustrazione appaiono quando sono interrotti ed è difficile ridirigere l´attenzione.

Livello 1: Richiede supporto. 
- Comunicazione sociale: senza supporto i deficit nella comunicazione sociale causano impedimenti che possono essere notati. Il soggetto ha difficoltà a iniziare le interazioni sociali e mostra chiari esempi di atipicità o insuccesso nella risposta alle iniziative altrui. Può sembrare che abbia un ridotto interesse nell'interazione sociale.
- Interessi ristretti e comportamenti ripetitivi: rituali e comportamenti ripetitivi causano un'interferenza significativa in uno o più contesti. Resiste ai tentativi da parte degli altri di interromperli.

L’approccio clinico più efficace si è rivelato quello cognitivo- comportamentale, che comprende al suo interno tre metodi, o meglio tre modalità operativa: L’ABA, il TEACCH e il Denver. L’ABA prevede sessioni di training molto strutturate, il TEACCH coinvolge in modo sostanziale tutti i soggetti sociali (come la scuola), mentre il Denver è un metodo progettato per bambini in età prescolare. In tutti e tre i casi è prevista la presa incarico da parte di una équipe (neuropsicologo, psicologo, logopedista, psicomotricista, educatore), e la partecipazione attiva delle famiglie.

Laura Pacelli

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