L’alunno disabile può ottenere un assistente scelto dalla famiglia


Il Consiglio di Stato il 20 maggio 2009 ha adottato il provvedimento n° 3104 cheprevede per  l’alunno disabile grave, al fine di evitare una regressione comportamentale per i reiterati cambiamenti delle figure di riferimento, la possibilità di  ottenere un educatore, scelto dalla famiglia, che garantisca continuità didattica, a carico del Comune.
A causa dei continui cambiamenti degli insegnanti e delle figure di supporto ad essi, i familiari di un alunno disabile notano una regressione nei risultati raggiunti e per questo chiedono la possibilità di scegliere e mantenere costante nel tempo la presenza di un educatore professionale. Negata loro tale possibilità, ricorrono al TAR che respinge l’istanza, sostenendo che le garanzie del diritto allo studio e all’assistenza del minore disabile non possono trasmodare nelle scelte delle modalità concrete con cui il servizio di sostegno socio educativo viene svolto. In sede di appello, il Collegio afferma che la richiesta dei genitori, debitamente comprovata dall’esigenza di contenere le reiterate regressioni comportamentali del figlio, causate dal continuo cambiamento delle figure professionali incaricate del sostegno didattico, attiene alle concrete modalità di svolgimento degli obblighi di integrazione scolastica previsti dagli artt. 12 e 13 della legge n. 104/1992, ed in particolare alla “programmazione coordinata dei servizi scolastici con quelli sanitari e socio-assistenziali” di cui alla lett. a), comma 1° dell’art. 13 citato. Accoglie quindi la richiesta obbligando il Comune a fornire la figura professionale prescelta dalla famiglia.
L’organizzazione dell’attività di sostegno socio assistenziale da parte degli enti locali (così come l’organizzazione dell’attività di sostegno da parte delle istituzioni scolastiche) non può, in via di fatto, comprimere o vulnerare quel diritto all’educazione, all’integrazione sociale ed alla partecipazione alla vita della comunità riconosciuto alla persona da fonti sovranazionali, dalla Costituzione e dalla legislazione ordinaria.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 4074/2008, proposto dai Signori V. G. e D. G. R., genitori del minore D. G. M., rappresentati e difesi dagli Avv. ti Carmine Pullano e Angelo Scarpa, ed elettivamente domiciliati presso lo studio di quest’ultimo in Roma, Via Alberico II n.11;
contro
– Sovrintendenza Scolastica Regionale del Friuli Venezia Giulia, in persona le legale rappresentante pro-tempore, e – Ministero dell’Istruzione in persona del Ministro in carica pro-tempore, entrambi rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria;
– Comune di Trieste, in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Serena Giraldi e Domenico Vicini, elettivamente domiciliato presso l’Avv. Domenico Vicini in Roma, Via Emilio dè Cavalieri n. 11
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Friuli Venezia Giulia n. 55/2008;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione delle amministrazioni intimate;
Visti gli atti tutti della causa;
Data per letta, alla pubblica udienza del 20 gennaio 2009, la relazione del Consigliere Michele Corradino;
Uditi l’Avv. Villani per delega dell’Avv. Scarpa, l’Avv. dello Stato Borgo e Vicini;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto:

FATTO

I signori V. G. e D. G. R., genitori del minore D. G. M., hanno adito il Tribunale Amministrativo del Friuli Venezia Giulia per l’accertamento e la dichiarazione del diritto del proprio figlio minore M., affetto da una grave forma di autismo, alla continuità didattica ai sensi degli artt. 12 e 14 della legge n. 104/1992 ovvero, in subordine, ad essere integrato nella classe partecipando alle lezioni con l’ausilio dell’assistente alla comunicazione di cui all’art. 13, comma 3, della legge n. 104/1992, evidenziando come il continuo cambiamento degli educatori avesse compromesso la necessaria continuità relazionale consigliata dai medici.
Il TAR adito, con sentenza n. 55/2008, ha respinto il ricorso proposto dagli odierni appellanti sostenendo che le garanzie del diritto allo studio e all’assistenza del minore disabile non possono trasmodare nelle scelte delle modalità concrete con cui il servizio di sostegno socio educativo viene svolto.
Avverso la decisione del primo giudice, i genitori del minore hanno proposto appello perché affetta da gravi errori in judicando. In particolare gli appellanti sostengono che gli atti ed i provvedimenti adottati dal Comune e dalla scuola nel servizio assistenziale in ambito scolastico costituiscano elusione degli obblighi previsti dalla legge n. 104/1992 (artt. 8, 12 e 13), finalizzati a dare concreta attuazione al diritto allo studio ai disabili in età scolare.
L’Avvocatura dello Stato si è costituita in giudizio senza spiegare difese scritte.
Il Comune di Trieste si è costituito in giudizio chiedendo il rigetto dell’appello e rilevando che l’ente, sin dall’anno scolastico 2000-2001, ha costantemente prestato i servizi di assistenza di propria competenza.
Alla pubblica udienza del 20 gennaio 2009, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

L’appello è fondato, secondo quanto di seguito precisato.
Come anticipato in punto di fatto, gli appellanti hanno chiesto l’accertamento del diritto del loro figlio alla continuità didattica con l’educatore V. C. (unico soggetto con il quale il figlio è riuscito ad intraprendere un efficace percorso logopedico) o, in subordine, la presenza dell’assistente per la comunicazione ai sensi dell’art. 13 della legge n. 104/1992.
I giudici di primo grado – pur condividendo che le amministrazioni coinvolte debbano tenere conto di tutte le problematiche connesse all’effettivo svolgimento della continuità didattica, impiegando personale specializzato – hanno, tuttavia, ritenuto che la richiesta dei genitori, finalizzata alla scelta individuale dell’educatore, contrasti con il potere organizzativo della p.a. e che, comunque, non sia configurabile un diritto alla continuità didattica nel senso invocato dai ricorrenti.

Al riguardo, il Collegio osserva che la richiesta dei genitori sia stata debitamente comprovata dall’esigenza di contenere le reiterate regressioni comportamentali del figlio, causate dal continuo cambiamento delle figure professionali incaricate del sostegno didattico; tale richiesta – sebbene formulata in termini di individuazione del nominativo del singolo operatore – nella sostanza attiene alle concrete modalità di svolgimento degli obblighi di integrazione scolastica previsti dagli artt. 12 e 13 della legge n. 104/1992, ed in particolare alla “programmazione coordinata dei servizi scolastici con quelli sanitari e socio-assistenziali” di cui alla lett. a), comma 1° dell’art. 13 citato.
Fatta questa premessa, non si può fare a meno di rilevare come, nel caso in esame, il continuo cambiamento dell’insegnante di sostegno e dell’educatore, (con le ovvie ricadute in termini di regressione delle esperienze e degli apprendimenti compiuti dal bambino) abbia compromesso l’omogeneità e la continuità dell’intervento individuale in favore del soggetto disabile.
Sul punto, il Collegio ritiene, invece, che l’organizzazione dell’attività di sostegno socio assistenziale da parte degli enti locali (così come l’organizzazione dell’attività di sostegno da parte delle istituzioni scolastiche) non possa, in via di fatto, comprimere o vulnerare quel diritto all’educazione, all’integrazione sociale ed alla partecipazione alla vita della comunità riconosciuto alla persona da fonti sovranazionali, dalla Costituzione e dalla legislazione ordinaria.

Pertanto, le attività integrative di valenza socio educativa (e tra queste il supporto individualizzato a favore del soggetto assistito prestato dall’educatore) devono essere prestate con modalità idonee a realizzare lo sviluppo della personalità dell’alunno e a garantire la presenza stabile di un educatore che segua costantemente l’alunno disabile nel processo di integrazione.
Nei termini sopra descritti e con riferimento all’accertamento del diritto alla continuità didattica, l’appello è fondato, mentre l’accoglimento della richiesta principale esonera il Collegio dall’esame della richiesta formulata in via subordinata (assegnazione di assistente alla comunicazione).
Per le considerazioni che precedono il ricorso in appello deve essere accolto e per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, deve essere dichiarato l’obbligo del Comune di Trieste di garantire al minore M. D. G. la continuità educativo-didattica con l’educatore V. C., e solo nel caso di comprovata ed oggettiva indisponibilità di quest’ultima, di assicurare al minore un’analoga figura professionale che garantisca la continuità e la stabilità dell’intervento individuale di sostegno.
Le spese seguono la soccombenza secondo la liquidazione operata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, accoglie il ricorso indicato in epigrafe e per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, dichiara l’obbligo del Comune di Trieste di garantire al minore ricorrente la continuità educativo-didattica nei sensi di cui in motivazione.
Condanna il Comune di Trieste al pagamento delle spese processuali in favore della parte appellante che liquida in € 3.000,00 (tremila/00).
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, il il 20 gennaio 2009 dal Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale – Sez.VI – nella Camera di Consiglio, con l’intervento dei Signori:
Claudio Varrone Presidente
Maurizio Meschino Consigliere
Roberto Chieppa Consigliere
Michele Corradino Consigliere, Est.
Roberto Giovagnoli Consigliere

Presidente
CLAUDIO VARRONE
Consigliere Segretario
MICHELE CORRADINO GLAUCO SIMONINI

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 20/05/2009

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