"Autismo, la diagnosi precoce aiuta"

Paola Visconti, neuropsichiatra esperta dei disturbi dello spettro autistico: «Ce li portano già a un anno. Ma le ricerche molecolari potranno dare grandi risultati».

«Un trattamento iniziato precocemente e continuativo fa sempre registrare diverse acquisizioni in quasi tutti gli ambiti». Lo sottolinea Paola Visconti, neuropsichiatra infantile, responsabile dell’ambulatorio «Disturbi dello spettro autistico» dell’Irccs, Istituto delle scienze neurologiche di Bologna. A meno che «il bambino non sia gravissimo per le altre patologie associate, il miglioramento c’è sempre».

È possibile per i genitori individuare i primi segni sospetti?
Se una decina di anni fa si presentavano alla visita con figli dopo i tre anni, ormai arrivano con bimbi anche di uno, riportando come preoccupazione non solo il ritardo di linguaggio, ma anche sintomi che hanno a che fare con il comportamento. 

Quali sono i segnali certi? 
I primi segni hanno a che fare con le relazioni sociali, con quella che in gergo viene definita intersoggettività, ossia reciprocità, posizioni, sguardi e imitazione che i bambini a sviluppo tipico sanno spontaneamente assumere con i loro genitori. I bambini con disturbi dello spettro autistico non hanno invece queste competenze o le hanno in misura molto ridotta fin da epoche precocissime. Un’altra caratteristica è la carenza di gesti a compenso delle scarse competenze comunicative e linguistiche o la mimica che risulta poco varia e rende questi bambini particolarmente 'seri'.

E se il bambino ha meno di un anno? 
Uno dei segni iniziali è il fatto che il bambino invece di guardare i genitori, fissi per esempio le luci, gli oggetti che girano, non comunichi con la gestualità tendendo le braccia, o non volga lo sguardo verso di loro e non segua i loro gesti.

Come occorre intervenire? 
Bisogna recarsi dal pediatra, che invia dal neuropsichiatra infantile. Trattandosi di bambini piccoli i quadri possono essere anche molto sfumati e quindi non sempre riconoscibili. È consigliabile l’invio in centri specializzati. Poi viene fatta una valutazione diagnostica con test specifici, come l’A- dos, insieme a un’attenta osservazione clinica. È necessario inoltre un protocollo di indagini mediche per accertare se ci sono eventuali comorbidità, ovvero alterazioni per esempio sull’elettroencefalogramma o alla risonanza magnetica cerebrale. Il bambino va quindi sottoposto quanto più precocemente possibile a terapia che deve essere di tipo cognitivo-comportamentale.

È possibile farlo in tutte le strutture pubbliche? 
In Italia c’è una situazione a macchia di leopardo. In alcune Regioni l’organizzazione di strutture per l’autismo è appena abbozzata. Il bambino avrebbe bisogno di ricevere un trattamento per almeno 20-25 ore alla settimana che comprende l’intervento a casa e a scuola.

Quali le possibilità di miglioramento? 
Bisogna sempre intraprendere un trattamento di stampo cognitivo comportamentale perché progressi e miglioramenti si osservano a ogni età, anche se la precocità di diagnosi e di intervento si associa a maggiore plasticità cerebrale e a prognosi più favorevole. Questi bambini vanno incentivati non solo nello sviluppo delle loro abilità, ma anche nelle autonomie.

Spesso però mancano proprio questi trat-tamenti… Nelle scuole gli insegnanti di sostegno hanno molta buona volontà, però ci vuole tantissima formazione. Purtroppo dopo la scuola c’è molto poco. A volte questi bambini da adolescenti e adulti vanno a finire in centri dove ci sono per lo più persone con ritardi intellettivi e perdono le competenze che avevano acquisito.

A quali ricerche state lavorando? 
In questo periodo stiamo concentrando le nostre ricerche sullo stress ossidativo che sarebbe presente in questi bambini, come in altre patologie di sviluppo. L’augurio è che trovando le cause molecolari alla base dello stress ossidativo dei bambini autistici, si possano prescrivere integratori, oppure diete specifiche che possano essere di giovamento.

di Graziella Melina 

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