Disabilità, parlano le famiglie: "Stiamo tornando indietro"

Redattore Sociale del 27-02-2012

Disabilità, parlano le famiglie: "Stiamo tornando indietro"

Dalla scuola ai centri residenziali, dalle rette più care alla qualità dell'assistenza. Per i soci dell'Anffas anche a Bologna la situazione dei servizi per la disabilità peggiora. "Colpire i falsi invalidi significa bastonare i disabili veri"

BOLOGNA – Un solo reddito, più i 770 euro che arrivano dalla pensione di invalidità e dall’indennità di accompagnamento. Su questo possono contare le famiglie che hanno al loro interno una persona con una disabilità grave o gravissima. E anche a Bologna le cose vanno peggio di una volta. Lo dicono i soci dell’Anffas, l’Associazione nazionale famiglie di persone con disabilità intelettiva e/o relazionale: madri e padri in gran parte dei casi, ma anche fratelli e sorelle. Anche loro sono intervenuti alla conferenza stampa con cui l’associazione ha spiegato come aumenteranno le spese per i centri diurni e i servizi residenziali. Una partecipazione massiccia, per far capire anche all’esterno cosa vuol dire convivere con la disabilità. “La famiglia è il primo assistente sociale”, spiega una mamma, “ma perché i comuni e gli enti locali non ci aiutano invece di tassarci ulteriormente? Eppure tenendo in casa i nostri familiari facciamo risparmiare milioni di ! euro”.

“Negli altri paesi europei i caregiver ricevono un indennizzo dallo Stato”, dice Giuseppe Urbinati, vicepresidente dell’associazione, “in Italia non succede. Mia moglie ha dovuto prima mettersi part-time, poi lasciare il lavoro”. Così quasi tutte le famiglie possono contare su un unico reddito. E pagare le rette per i centri diurni e i servizi residenziali diventa un problema serio. È chiaro che i 770 euro di invalidità e accompagnamento non bastano. “Chi gli compra le scarpe? Chi gli compra i vestiti?”, spiega un’altra mamma. “Io come amministratrice di sostegno di mia figlia ogni anno devo rendere conto a un giudice e mi accorgo di spendere molto di più di quello che ricevo dallo Stato”. Anche chi ha un familiare in un centro residenziale non può stare tranquillo. “È una scelta pesante, quella di delegare l’assistenza”, spiega Alessandra, che è rimasta sola a occuparsi di un fratello disabile, “nei centri mi sembra che la qualità sia calat! a da 10 anni a questa parte, ma il vero problema c’è quando si esce dalla struttura per un ricovero in ospedale. Allora si è abbandonati, io non posso stare 24 ore accanto a mio fratello, sono costretta a pagare un’assistente”.

Ma il problema non è solo economico. “Negli ultimi anni la cultura intorno alla disabilità è peggiorata, stiamo facendo dei passi indietro. È questo che ci preoccupa”, dice la presidente Gabriella D’Abbiero. È un peggioramento che si sente in tutti gli ambiti. A scuola, “dove gli insegnanti di sostegno sono sempre meno, e dove sempre più famiglie rinunciano alla certificazione di disabilità”, spiega una socia che è anche insegnante. Negli stessi centri residenziali, a cui le famiglie fanno ricorso quando non ce la fanno più. “Adesso quando i disabili compiono 65 anni vengono spostati in una casa di riposo, perché costa meno. Ma intanto il centro è diventato la loro casa, con dei legami affettivi di cui non si tiene conto”. E poi c’è il clima che si respira intorno alla disabilità. Anni di campagne contro i falsi invalidi hanno avuto il loro effetto, come spiega bene la presidente Anffas: “Colpire i falsi invalidi in realtà significa bastonare i! disabili veri”.

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