Lo studio: "Rischio autismo, metà genetico e metà ambientale"

La ricerca del Karolinska Institutet di Stoccolma e del King's College di Londra ha preso in esame un campione di due milioni di persone. Finora l'ereditarietà era considerata la motivazione principale del disturbo.

WASHINGTON -  Le cause dell'autismo sarebbero legate sia a fattori ambientali sia ai geni. Lo rivela un vasto studio condotto in Svezia. Si tratta di una novità, perché le ricerche precedenti avevano sempre ipotizzato che il peso dell'ereditarietà in tale disturbo neurologico si attestasse intorno all'80-90 per cento, mentre secondo i recercatori svedesi si attesta al 50%. I dati della ricerca, pubblicati sul Journal of the American Medical Association, sono il risultato dell'analisi di due milioni di persone in Svezia, tra il 1982 e il 2006. Si tratta dell'analisi più ampia mai condotta finora per cercare di capire se siano i geni o l'ambiente a scatenare l'autismo, un disturbo che colpisce un bambino ogni 100 a livello mondiale.

I dati. La ricerca del Karolinska Institutet di Stoccolma e del King's College di Londra ha preso in esame un campione di due milioni di persone, pazienti che sono stati seguiti dal 1982 al 2006. Secondo le stime internazionali l'autismo colpisce circa una persona su 100, ma una recente analisi negli Stati Uniti circa una persona su 68 è autistica. "Siamo molto colpiti dai risultati dello studio, non immaginavamo che i fattori ambientali avessero un peso di questo tipo", ha spiegato uno degli autori dello studio, Avi Reichenberg, ricercatore del Mount Sinai Seaver Center for Autism Research, di New York.

I fattori ambientali. Lo studio non ha individuato quali fattori ambientali possano entrare in gioco. Ma fra questi ci potrebbero essere, ad esempio, lo stato sociale nel quale nasce un bambino, complicazioni al momento della nascita, infezioni che colpiscono la mamma o medicinali presi in gravidanza.

Progetto per individuarlo in gravidanza. Pur essendo una malattia solo in parte genetica anche l'autismo potrebbe essere scoperto già durante la gestazione, con un test basato sulla risonanza magnetica del cervello. Ne sono convinti i ricercatori inglesi impegnati nel Developing Human Connectome Project, che dopo aver messo a punto un metodo sicuro di analisi stanno per iniziare le prove sui feti e sui bimbi ai primissimi giorni di vita. L'iniziativa del King's College, dell'Imperial college e della Oxford University, durare sei anni, e prevede di fare la risonanza di 500 feti nel terzo trimestre della gravidanza e di mille bambini pochi giorni dopo la nascita. 

 

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